Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re *Anche le migliori cose hanno una fine…*

Eccoci qui, ultima “puntata” di questa tripla recensione d’iniziazione. Devo avvisarvi, ammetto la mia impotenza verso questo film. Sarò breve e leggendo vi sarà chiaro il perché. Ma bando alle ciance, c’è un capolavoro da commentare!
Vi ho salutato con la parola inizio. È arrivato il momento di affrontare la parola fine.

Fine è una parola impegnativa. Si pronuncia con difficoltà e ancora più difficilmente si accetta. Qualsiasi sia il contesto, qualunque sia la “cosa” che finisce, è impegnativo superare la fine. Accade sempre qualcosa che non concede tranquillità: paura che ciò che sta finendo non ci dia tutto ciò che potrebbe darci, ansia per ciò che verrà dopo, terrore di fronte alla possibilità che dopo non ci sia nulla e che fine significhi davvero fine.

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IL RITORNO DEL RE

The Return of the King

Quando si giunge all’ultimo atto di una trilogia come quella de Il Signore degli Anelli, le aspettative sono tante, la paura che non tutto ci venga dato c’è. In casi come questo non basta che l’ultimo capitolo sia uguale agli altri, non è sufficiente che segua la stessa linea, non è possibile accontentarsi di un semplice terzo atto assimilabile ai primi due. Si cerca di più, si vuole di più, si pretende di più. Grazie all’assoluta maestria di un Peter Jackson mai (fino a questo momento) così in forma, le aspettative non possono dirsi deluse.
E se nei pregi e nei difetti “tecnici” Il Ritorno del Re segue pedissequamente i suoi due predecessori (trucco, montaggio, musiche, interpretazione e la maggioranza degli effetti speciali per i pregi; variazioni pesanti di trama rispetto al libro, forse anche più dei primi due, e brutti effetti speciali quando si tratta di rapportare l’altezza degli Hobbit con quella degli uomini per i difetti), a mio avviso li supera nello svolgersi dell’azione, nei tempi della narrazione, nella tecnica espressiva e nell’intensità del vissuto. Quest’ultimo capitolo riesce a trasmettere le emozioni nel pieno del loro vigore, catapultandoci in prima persona negli avvenimenti, stimolando i nostri sentimenti e permettendoci di soffrire e di gioire per ciò che i nostri occhi vedono e il nostro cuore, più che la nostra mente, immagina. Il ritratto della sofferenza, dell’angoscia che si vive nella Terra di Mezzo è talmente vivido da far palpitare il cuore e la gioia è così sincera da riuscire a far sgorgare le lacrime.
Mi risulta difficile riuscire a recensire oggettivamente questo film, non è facile scrivere senza perdermi in una catena interminabile di elogi, è impossibile soffermarmi sui difetti. In alcuni frangenti non ho ben digerito alcune variazioni, ma, a differenza di quanto successo con spezzoni dei capitoli precedenti, non sono riuscito a innervosirmi o a pensarci per più di un secondo. Semplicemente non riesco a immaginare questo film diversamente dal modo in cui è stato fatto.
Un unico punto su cui voglio però soffermarmi è il finale, le ultime scene che assumono contorni epici, a cominciare dall’arrivo di Gollum nel Monte Fato. Il momento in cui si “specchia” nell’Anello è magnifico, capace di rendere in una semplice immagine l’intera storia del personaggio, di snocciolarlo allo spettatore in tutti i suoi aspetti. Un semplice gesto, un semplice sguardo attraverso un anello capace di dire così tanto, di mostrare così tanto. Da quel momento in avanti si susseguono tutte le caratteristiche del finale perfetto con poche parole, di effetto e ben ponderate, e molti sguardi. Sguardi intensi che dicono semplicemente che nulla potrà più essere come prima, che tutto è irrimediabilmente cambiato:

«Come fai a raccogliere le fila di una vecchia vita? Come fai ad andare avanti, quando nel tuo cuore cominci a capire che non si torna indietro? Ci sono cose che il tempo non può accomodare, ferite talmente profonde che lasciano un segno».

Non riesco a non citare anche le parole di Bilbo in una delle ultime scene, quando chiede di poter tenere l’anello per l’ultima volta. Parole che riescono, ancora una volta, ad esprimere tutto: più efficaci di molte immagini e di molte descrizioni, riescono in così poco e con una semplicità disarmante a dare l’idea di cosa fosse l’Anello del Potere. Ed è la naturalezza della scena a mostrare la maestria di Peter Jackson di cui parlavo all’inizio, maestria nel saper sapientemente gestire la situazione, nel saperci mostrare un finale degno di questo nome, una fine che non ci trasmette alcuna paura, che non lascia spazio all’ansia di ciò che verrà né al terrore del nulla, ma che, semplicemente, si lascia accettare per ciò che è: perfetta.
E alla fine di tutto mi rendo conto che questa perfezione ha fatto sì che una lacrima solcasse il mio viso, ma di nuovo è il film stesso a correre in mio soccorso:

«Non vi dirò non piangete, perché non tutte le lacrime sono un male».

Voto: 9,5.

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P.S. La “presentazione” è finita. Vi assicuro che da oggi si comincia con la stretta attualità! A proposito… mercoledì è primo aprile. Cosa esce il primo aprile? Noi ovviamente non mancheremo di dirvi la nostra! Aspettateci in questi lidi se avete capito di cosa parlo. E se non avete capito, beh, aspettateci lo stesso e lo scoprirete!

A presto ciurma Everpop di Everpop! È stato un piacere fare la vostra conoscenza e spero di restare con voi a lungo!

Kid.

Alla fine di questa triplice recensione, vorrei ringraziare Kid per il magnifico lavoro svolto. Posto qui un ulteriore suo contributo: la foto del magnifico cofanetto della trilogia de Il Signore degli Anelli che Kid ha voluto condividere con noi.
“Fatene buon uso…”, perché come diciamo sempre noi: “Il Cinema è una cosa seria!”

-Angie.

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